Wolf
Sinossi
Il ghetto artificiale di Terezin, a pochi chilometri da Praga, fu un luogo di transito nel piano d’attuazione della Soluzione Finale, dove quasi novantamila ebrei furono ‘selezionati’ per la deportazione nei campi di sterminio e molte altre migliaia – uomini, donne e bambini – morirono di stenti e malattie ancor prima di affrontare il viaggio verso est. Strano ibrido tra ghetto e lager, Terezin fu destinazione per molti ebrei illustri, diplomatici, giuristi, letterati, intellettuali, artisti.
Nella fase finale della guerra, Benjamin Murmelstein, ultimo rabbino capo di Vienna deportato con la sua famiglia a Terezin, fu chiamato a dirigere il ghetto, con il compito di rappresentare presso le autorità naziste una comunità destinata allo sterminio. Stretto in una morsa in cui ogni mossa poteva causare l’annientamento suo, della sua famiglia e della sua comunità, Murmelstein, dopo la liberazione del ghetto, fu processato per collaborazionismo e poi assolto. Ma una tale fama lo inseguì fino a Roma, dove si trasferì con la moglie e il figlio Wolf e dove fu emarginato dalla comunità ebraica fino alla negazione, nel 1989 anno della sua morte, del rito funebre che sarebbe spettato a un rabbino del suo rilievo.
Da allora suo figlio, che fu uno dei bambini di Terezin, ha dedicato la sua esistenza a riabilitare la memoria del padre, tentando di fornire un’immagine più complessa del ruolo che Benjamin ebbe a Terezin.
Attraverso l’intreccio tra due orizzonti temporali, il film di Claudio Giovannesi ricostruisce, tramite il dialogo serrato di Wolf Murmelstein con lo psicanalista David Meghnagi, esperto della psicologia dei sopravvissuti alla Shoah, il rapporto di un figlio con la memoria del padre. Accettazione, rifiuto, tematizzazione aperta della tragedia, – comune e familiare -, costituiscono la posta in gioco della narrazione. Un film sull’atroce destino di un intero popolo, sul delicatissimo tema del libero arbitrio, forse della colpa interna al mondo ebraico, su come la perversa logica nazista abbia attraversato le generazioni, su un figlio intrappolato nel rapporto con una memoria impossibile, sulla necessità di ricordare e l’impossibilità di giudicare.
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